“Se non si va non si vede”

Viaggi in moto – “Se non si va non si vede”

“Se non si va non si vede”: Sto facendo un corso di perfezionamento o, come si dice ora, upgrade. Sono tra i maturi e con i “ragazzi” compagni in aula capita talvolta di scambiarsi esperienze, storie di vita, anche molto personali. La dinamica è più o meno la stessa dei lunghi viaggi in treno e in aereo: non ti conosco ma a pelle mi fido e ti racconto la mia storia. Mi soffermo un attimo a riflettere su cosa sarebbe più interessante da dire, su come potrei magari anche stupire… solo un attimo perché mi accorgo, felicemente, che i ricordi, gli aneddoti, i panorami mi scorrono davanti (o forse dovrei dire dentro) nitidi e lisci senza bisogno di filtri o enfatizzazioni: sono davvero tante le storie, le persone che ho incontrato sulla mia strada, on the road.

Ne sento tanti di eroi che partono con le fanfare, con la “copertura mediatica” e poi ritornano in sordina, quasi dispiaciuti. Io non sono mai partito per scrivere un libro, non si parte per avere gli sponsor, si parte per noi stessi.

Ricordo un film dove Paolo Hendel era un buttero che, per chissà quale ragione, decide o forse è costretto a lasciare la sua terra e, mentre cavalca finalmente libero grida a squarciagola “Se non si va non si vede”.

“Se non si va non si vede” io e il mio amico Luchino ce lo siamo detti forse centinaia di volte. Ricordo, quasi con le lacrime agli occhi, le lunghe serate a sognare le moto come Billy e Capitan America dicendoci “io sono più l’uno, tu più l’altro” e vai con il sogno… dobbiamo andare… Siamo andati. Abbiamo visto, scoperto, siamo rimasti delusi, ci siamo esaltati, emozionati, commossi, abbiamo litigato. Come si può comprare una bicicletta in Olanda per portarla a casa sul tetto di una Panda? E poi le moto, la benzina… andare, andare, “se non si va non si vede”. La smania del cosa c’è di là.

Abbiamo raggiunto Capo Nord il 6 agosto del 1988, eravamo più a nord di tutti. Con noi c’era il nostro aquilone, Arturo. Gli abbiamo dato 500 metri di filo, abbiamo stappato un Berlucchi e ci siamo fumati una sigaretta. Un pacchetto costava diecimila e cinquecento lire ma noi lo sapevamo e lungo la strada, in Germania, avevamo comprato tabacco e cartine. Il sole è stato sotto la linea dell’orizzonte meno di due ore, pazzesco.

Sull’isola la strada è sterrata e per arrivare si deve prendere un traghetto… ti senti un grande, un viaggiatore epico fino a quando non incontri un giapponese in bicicletta e allora ti sembra di star facendo la gita fuori porta. Come sono fuori di testa i ciclisti… Ne ho trovato un gruppetto in Cile, sulla Carretera Austral. Piegati dal vento, ammirevoli, combattenti fino a raggiungere la meta. Mi è venuta voglia di fermare la moto, stringergli la mano e dire a ognuno di loro: sei oltre, ti ammiro.

Stavamo andando a sud, verso lo Stretto di Magellano, che nome evocativo. Un gran signore, che ho avuto il privilegio di accompagnare, sul traghetto era particolarmente assorto, guardava dritto avanti a sé. Mi ha confidato: “Aspetto questo momento da anni. Passiamo lo stretto, la Terra del Fuoco è lì e poi… la Fin del mundo…”. Se sei oltre ci arrivi in moto, noi ci siamo arrivati.

Che lavoro bellissimo. La mente mi va alle tante persone che hanno viaggiato con me. Abbiamo viaggiato in moto in Libia, in Siria, in Algeria… Noi ci siamo stati, che privilegio, che grande fortuna conoscere persone fantastiche che rendono ogni viaggio un’esperienza memorabile, un’avventura incredibile. Dal condividere emozioni nascono amicizie inossidabili.

Quando viaggi in moto sei fragile, sei solo, vivi in un’altra dimensione. Non scorderò mai gli iraniani che mi affiancarono in macchina e passandomi la frutta mi urlarono con tutto il fiato che avevano in gola: “You are welcome”. Quante foto con famiglie di varie etnie intorno alla mia astronave arancione… quanti litri di the o cay (come si dice in Turchia). E poi ripenso al Kurdistan, la terra dei fratelli oppressi, e poi al sud America, che per certi aspetti ricorda molto il Maghreb… Il sud America, a tremila metri di altitudine tutto quello che vedi si tatua su di te ed è per sempre, indelebile. A proposito di tatuaggi, che ridere quando in Algeria il nostro accompagnatore si vergognava delle mie donne nude sul braccio sinistro… non le voleva vedere, poi la sera beveva due birre, scadenti, e spariva… una mattina a El Golea l’abbiamo aspettato parecchio…

Storie, storie, quante ne potrei raccontare. Lo farò, un po’ per volta. Ora sono quasi le cinque e vado a letto, fuori il vento è forte, fra poco ore sarò a scuola… to improve myself.

Massimo

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