Viaggio in moto sulla Via della seta – Samarcanda in moto – Parte V – Da Ashgabat a Bukhara

Viaggio in moto sulla Via della seta – Samarcanda in moto – Parte V

Da Ashgabat a Bukhara

 

Viaggio in moto sulla Via della seta – Samarcanda in moto: Lasciato il mercato di Ashgabat, torno in hotel a recuperare la moto.

Riparto insieme ad Alessandro e consapevoli che la strada che ci porterà a Darwaza, circa 260km, sarà nel bel mezzo del nulla, facciamo scorte d’acqua e teniamo a portata di mano il fornello e la macchinetta del caffè che da ormai tanti viaggi è nostra fedele compagna.

Lasciare la capitale turkmena non è difficile vista la perfetta organizzazione delle strade e l’inesistenza del traffico automobilistico.

Imbocchiamo la A381, lunga ed unica strada che lascia la città e ad attirare la nostra attenzione è lo sfarzoso aeroporto di Ashgabat.

Alla nostra sinistra il nuovo aeroporto che è stato inaugurato il 17 settembre 2016 da parte del presidente del Turkmenistan è caratterizzato da un design del terminal molto insolito, un enorme uccello bianco ad ali spiegate!

Viaggiamo ad una media non superiore agli ottanta chilometri orari, inutile andar più forte.

Il caldo comincia a farsi sentire e come prevedibile, queste strade, questi luoghi, non offrono la possibilità di fermarsi ad un bar così, notiamo un piccolo edificio con un paio di vecchi ciclomotori parcheggiati e decidiamo di fare una sosta per godere di un filo d’ombra.

Non ho idea di cosa possa esserci in quella piccola struttura.

Appena ci avviciniamo, si apre una porta dalla quale vengono fuori  quattro persone, una sembra essere un militare.

I tratti somatici ormai, cominciano ad essere marcatamente asiatici.

Io ed Ale cerchiamo di porci in modo amichevole, con i militari non si sa mai. Salutiamo a gesti, portandoci la mano sul cuore prima di porgerla in segno di saluto, il gesto è ricambiato.

Riusciamo a far capire di essere italiani ma, più che noi due però, ad attirare l’attenzione dei quattro, sono le nostre due moto, che vengono esaminate a fondo da occhi increduli.

Decidiamo così, per ricambiare la cortesia di quell’ombra offerta, di provvedere ad una piccola manutenzione dei mezzi dei nostri amici turkmeni.

Fuori il WD40 ed il grasso spray per risistemare le catene dei loro vecchi mezzi!

Pacche sulle spalle, qualche abbraccio e ci salutiamo.

Il GPS finalmente indica la posizione del sentiero sterrato attraverso il quale si raggiunge il tanto famoso cratere noto ormai come “Porta dell’Inferno”.

C’è ancora il sole a nascondere lo spettacolo di luce che si paleserà poco dopo il tramonto.

Sistemo le mie cose nella tenda assegnatami nel campo attrezzato e mi avvio a piedi verso il cratere percorrendo poche decine di metri.

L’odore del gas comincia ad essere forte, aumenta anche il calore emanato da questa gigantesca “stufa” a cielo aperto.

Certo, in tanti provano a spoetizzare questo posto, raccontandone la presunta banalità delle sue origini, intanto il sole cala ed il tramonto, già di suo, in questo deserto è fantastico.

Immaginate poi con l’arancio fuoco dell’enorme braciere che contribuisce ad illuminare il tutto.

Sono in estasi, senza parole, uno spettacolo davanti.

Mi volto, cercando con lo sguardo la mia moto, la trovo e tra me e me penso “Gì, ma che figata stai facendo!?”.

Calato il sole, la cena ci attende. Agnello e pollo alla brace, verdure, riso. Ottimo!

L’apoteosi però è il finale a base di pane nero, caviale e vodka, che avevamo comprato ad Ashgabat.

Il mio cuore avrà una notte memorabile in più da ricordare e raccontare.

Vado a dormire felice.

Inesorabilmente la sveglia mattutina è all’alba, quando dormo in tenda è sempre così.

Una veloce colazione e mi rimetto in viaggio, dirigendomi verso il confine tra Turkmenistan ed Uzbekistan.

Il passaggio in frontiera si rivela, come prevedibile, lento e noioso ma superiamo anche questo.

Sono in Uzbekistan.

Per raggiungere Khiva bisogna  costeggiare il confine con il Turkmenistan.

Khiva era la capitale carovaniera uzbeka, ricca di monumenti che ne testimoniano l’importanza strategica nei traffici commerciali sulle rotte della Via della Seta, ha un aspetto molto curato.

Pulita ed ordinata ad oggi è meta turistica decisamente importante, il suo centro storico è ormai un museo a cielo aperto nel quale è possibile visitare tutti i monumenti.

Ora gli alberghi hanno il wi-fi, i ristoranti vendono boccali di birra e gli artigiani spediscono i loro prodotti di legno in tutti le parti del mondo.

Ma basta varcare le mura di fango che racchiudono la città vecchia per ritornare all’epoca in cui a governare c’erano emiri col turbante, così attaccati alle origini mongole da conservare nel cortile del palazzo la “yurta reale”.

Le colonne di legno intarsiato sono ancora al loro posto, come i vicoli sabbiosi, le cupole azzurre, le piastrelle smaltate.

L’atmosfera da ultima frontiera, più forte che mai.

La giornata trascorre percorrendo in lungo ed in largo i bei vicoletti del centro storico ed acquistando qualche souvenir.

Io ed Ale ne approfittiamo per bere un paio di birre, consumando delle squisite mandorle salate nei pressi della bella piazza che circonda la grande fontana.

Alla sera ottima cena in un ristorante tipico e come ormai da tradizione tanta vodka!

Il mattino seguente, dopo un lungo trasferimento di circa 500km  su una strada che attraversa il deserto di Kyzylkum, si arriva a Bukhara.

L’albergo, si trova nel quartiere ebraico, poco distante dal centro storico al quale si arriva sbucando direttamente nella piazza Lyabi-Hauz, il centro vitale della città.

La piazza è caratterizzata da una grande vasca usata in passato per l’approvvigionamento idrico ed è circondata da due belle scuole coraniche e da un edificio di Khanaka dove trovavano alloggio i Dervisci erranti.

Bukhara si mostra in maniera diversa da Khiva.

Gli abitanti di non hanno ceduto la città ai turisti e continuano a viverla e questo la rende viva e dinamica.

La piazza infatti, solitamente è piena di famiglie che passeggiano ed i  turisti sono sempre ospiti ben accetti.

Tanti sono i monumenti da visitare, alcuni che risalgono al IX – X secolo, tutti realizzati con i mattoni di fango caratteristici della regione.

I giorni trascorrono intensi e ricchi di emozioni.

Il mio cavallo a motore domani mattina avrà da percorrere altri numerosi km sulla via della seta….

Luigi

Viaggio in moto sulla Via della seta – Samarcanda in moto

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