Viaggio in moto sulla Via della seta: Tutto è pronto, moto lavata, tagliandata e con gomme nuove, bagaglio (poco) caricato: si parte!
Da Napoli conto circa 10.000 chilometri all’arrivo, Samarcanda mi aspetta!
Ho fatto tanti viaggi in moto, ma mai e poi mai che la partenza non si trasformi in un momento magico ed irripetibile: adrenalina a mille e…anche un pizzico d’ansia! Nel mio viaggio immaginario, quello che anticipa ogni mi partenza, riscopro l’agitazione dell’arrivo in Iran di quattro anni fa… dicono stavolta sia un pò più travagliato (problemi con l’ingresso delle moto, carnet de passage…), ma alla fine Massimo di 77Roads riesce a trovare un contatto utile ad agevolare il tutto.
Pensa e ripensa, mentre fai e rifai le valigie, scegliendo cosa portare e cosa no… mi ritrovo a Gorizia, avamposto del nostro viaggio. Incontro i compagni di questa nuova avventura, alcuni dei quali già spalla di precedenti battaglie (viaggi). Passa la notte e…prima, seconda, terza marcia fino ad inserire la sesta… sono a Belgrado! Ottimo l’albergo, in pieno centro!
Massimo, il grande, 😜 ha organizzato una gran bella cena nella zona della movida di Belgrado, la famosa via Skadarska! La cena, oltre che squisita, parte come da tradizione con qualche rakia, grappa locale e, tra una rakia ed una birra, una salsiccia ed una rosticciana, immaginiamo già le infinite attese alle prossime frontiere.
Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Iran, Uzbekistan, Turkmenistan e Kirghizistan…. si, questo viaggio in moto sulla Via della Seta si prospetta davvero lungo ed affascinante! Percorriamo le strade vie balcaniche e fortunatamente la traversata si è rivelata meteorologicamente parlando, davvero piacevole.
Arriviamo a Plovdiv, l’antica Filippopoli, Capitale Europea della Cultura 2019. La sua “Old Town” e l’anfiteatro romano, magnificamente conservato, valgono davvero una sosta nella città bulgara.
Decido di lasciare la moto in parcheggio e di spostarmi con un taxi. Spesso, quando sono in viaggio, mi capita di fare così: chiamo un taxi e chiedo di portarmi un pò in giro… e poi, di lasciarmi in centro, possibilmente nelle vicinanze di una buona birra fresca.
Samarcanda in moto
Il clima fresco ci accompagna fino all’ingresso in Turchia: chi viaggia in moto può immaginare il motivo del mio rimarcare continuamente la frescura trovata. Come previsto, alle frontiere gran ressa! In questo periodo i turchi residenti in Germania, tornano in patria per le vacanze estive: mettiamoci in coda e aspettiamo pazienti!
Finalmente alle porte dell’Asia
La magia ed il fascino di Istanbul pensavo non mi sorprendessero più, ed invece… il traffico, il brulicare di persone e le tracce degli Imperi che ne hanno fatto il proprio centro di gravità, caratterizzano la città turca in modo inequivocabile.
Anche questa volta, l’hotel scelto da 77Roads è perfetto. Bello, pulito, in pieno centro e con un grande parcheggio per le moto: bravo Max!
Una passeggiata per Sultanhamet e poi fino al Ponte Galàta, da cui la vista arriva fino al ponte che collega la parte europea con quella asiatica della città. Un paio di Efes, sono un rito da queste parti e poi ancora a passeggio, perdendosi nei cunicoli del suk tra migliaia di tappeti e profumi di spezie.
Comincio a perdere la percezione del tempo, confondo giorni e date, tuttavia i km percorsi non mentono: ad oggi, sesto giorno del viaggio, i chilometri percorsi sono circa 3.600.
Napoli comincia ad essere davvero lontana ed io sono ormai sull’altopiano dell’Anatolia Centrale, coccolato ancora dai 160 CV della mia KTM e, udite udite, ancora da un clima fresco e secco.
Lascio Istanbul attraversando il Bosforo sul Ponte dell’Europa; consulto la carta stradale, imposto il GPS per prendere la strada per Safranbolu.
Importante centro commerciale sin dai tempi antichi, Safranbolu ha un centro storico molto ben conservato, nel quale spicca il caravanserraglio, nel dedalo di viuzze ancora lastricate in pietra. Vado in giro, mi accomodo in un caratteristico baretto in centro, sotto una folta vite adornata con bellissime lucerne in vetro colorato, un caffè… ed ancora un altro.
Si riparte ancora, diretti questa volta ad Est, questa tappa, nonostante punti dritto a Sivas, prevede una sosta “obbligata” ad Hattusa, antica capitale dell’Impero Ittita, ci sono già stato due volte, mi fermo per un saluto alla folkloristica guida locale e perché no, per un passaggio ad ammirare ancora una volta i bellissimi siti archeologici. Sivas, serata quasi gelida che ci invita ad un buon tè nei caratteristici caravanserragli.
Mi rimetto in viaggio di buon’ora ed insieme al mio amico Alessandro ci dirigiamo verso Dogubeyazit, ultimo avamposto turco prima dell’ingresso in Iran. Dal nulla, sulla mia sinistra, spunta il maestoso monte Ararat, impressionante! Percorrere gli ultimi km con due litri di benzina nel serbatoio mi ha messo un pò in agitazione, si viaggia in un affascinante “nulla” praticamente, scarsissima la presenza di distributori lungo questa tappa ed il KTM non ha l’autonomia del mio vecchio GS!
Arrivo a Dogubeyazit
Frenetica cittadina di frontiera, con mille botteghe dove è possibile trovare tutto e di più, c’è un barbiere, è giunto il momento, come in ogni mio viaggio di… togliere via tutta la barba.
Non c’è davvero molto da vedere a Dogubeyazit, ma il palazzo di Ishak Pasha vale la visita se si è in viaggio nella Turchia orientale. La collocazione scenica perfetta in cima ad uno sperone di roccia, la finezza delle decorazioni, la grande estensione delle stanze che lo compongono gli conferiscono un notevole fascino.
Lascio felice la Turchia
L’ingresso in Iran si rivela più agevole del previsto. Certo, l’attesa è lunga, ma tutto sommato sono molto ben organizzati. Punto dritto verso Tabriz, conto all’incirca 330 Km. Conosco la città, ci sono stato cinque anni fa.
Piacevole e movimentata, Tabriz, trova nel parco Goli situato in pieno centro, la zona di ritrovo abitudinaria dei residenti.
Ben poco è rimasto a testimonianza della storia secolare della città, tuttavia Tabriz conserva alcuni luoghi ed edifici antichi di indubbio fascino ed interesse. Fra questi la bella Moschea Blu o “Moschea Kabud“ del 1465 e il gran bazar, uno dei più estesi e antichi dell’area mediorientale, spesso citato anche da Marco Polo nelle memorie dei suoi viaggi.
Sebbene la situazione politica in Iran sia abbastanza delicata, la gente non tradisce le aspettative ed i ricordi che gelosamente custodisco di questa affascinante terra lo confermano. In giro c’è sempre aria di festa e tanta serenità. Gli iraniani sono meravigliosi!
Sistemata la moto, mi organizzo per la cena in un tipico ristorante della zona.
Cinque anni fa non riuscì ad assaggiare le Gheymeh Rizeh e lo Chef che è in me ha reclamato parecchio. Queste “polpette” sono piatto locale originariamente prodotto a Isfahan, preparato con carne, farina di ceci e verdure profumate a foglia verde, tutto aromatizzato con una varietà infinita di spezie! Le polpette sono spesso chiamate Kalleh Gonjeshki che letteralmente significa, mi dicono gli altri clienti del ristorante, teste di passero.
Trascorsa una piacevole e rilassante serata, rientro in hotel accompagnato da un vento fresco, forse anche troppo. La tappa che mi aspetta domani è abbastanza lunga, circa 620 Km.
Le strade dovrebbe essere decenti, l’unica cosa a preoccuparmi è il traffico che a ridosso delle grandi città è sempre tremendo. Oggi sono abbastanza stanco e la spalla malconcia, comincia a dare parecchio fastidio. A letto sfoglio gli appunti preparati prima di partire, ricontrollo il GPS, segno note sul roadbook… Samarcanda è ancora lontana, ci penso, l’adrenalina risale e con lei anche la spalla sembra andar meglio.
Buona notte, Teheran mi aspetta!
Dall’Iran al Turkmenistan
Arrivato quasi a Ferragosto, con tanti Km ancora da percorrere, mi dirigo verso Teheran. Ho la sensazione che sarà una giornata lunga e “dritta”.
Imbocco l’autostrada, saranno 620 km di spettacolare nulla! Si, avete letto bene, AUTOSTRADA! Talvolta è necessario anche utilizzare le autostrade quando si è in viaggio e le tappe di trasferimento particolarmente lunghe.
Cerco un distributore per fare il pieno. Lungo questo tratto dovrebbero essere davvero molto rari, meglio non rischiare. La benzina costa poco meno di 20 cent. di Euro al litro e questa lunghissima striscia di asfalto nero che mi accompagnerà per tutta la giornata non prevede pedaggi. Compro due bottiglie d’acqua, serve sempre!
Imbocco la strada che da Zanjan porta verso Teheran, accendo l’interfono, parte la mia colonna sonora ed il contachilometri comincia a girare. Viaggio ad una velocità media non superiore ai cento chilometri orari, l’asfalto è abbastanza buono e guido in relax.
Guardandomi intorno mi chiedo come mai, nonostante tutto quello che i media ci propinano riguardo questi paesi, io non ho mai e sottolineo mai, incontrato una persona, un atteggiamento ostile durante i miei viaggi. Politica, Religione ed Economia, le risposte sono li, per strada, ho sempre trovato ospitalità e tanto affetto e l’Iran in questo è davvero un paese imbattibile.
Percorro circa 200 Km e comincio a cercare un distributore per far benzina: sono a metà serbatoio ed il KTM 1290 a queste media sfiora i 380 Km di autonomia. Meglio non rischiare. Al momento zero distributori, è quasi mezzogiorno mi fermo per un thè ed uno spuntino, con me ci sono Alessandro ed Andrea che ho incontrato per strada dopo esserci salutati in mattinata.
Rifocillatomi riparto. Percorro altri 100 Km, ma ancora non trovo un distributore! Finalmente a furia di “pelate” di gas per consumare il meno possibile arriva un benzinaio: 21.8 litri di benzina, ero praticamente rimasto a secco!
Tre anni fa, durante il mio primo viaggio in Iran, non mi fermai nella capitale, il rammarico fu enorme.
Teheran si trova a Nord, dominata dai monti Elburz. Negli ultimi decenni, ho letto, ha visto aumentare in maniera esponenziale il numero dei suoi abitanti, attirandone tantissimi dalle vicine province, soprattutto per motivi di lavoro. La capitale, tuttavia, sta davvero spopolando anche sotto l’aspetto turistico ed è ormai facilmente raggiungibile dalla maggioranza degli aeroporti di tutta Europa.
Abbandonata con estrema felicità la lunga e noiosa autostrada, mi accoglie un altrettanto lungo, noioso e lentissimo tratto di strada intasato da un traffico di veicoli che rientrano in città. Fatico a percorrere più di dieci metri senza fermarmi. Sono praticamente fermo nel traffico e con le borse laterali sulla moto, non c’è via di uscita.
Quasi due ore bloccato nel traffico. Arrivo in hotel, doccia e… solito taxi.
Il centro della città è caratterizzato da quartieri piuttosto popolari, un grande bazar e si sviluppa tendenzialmente intorno alla piazza intitolata all’Imam Khomeini.
Il tassista costeggia anche la famosa Torre Milad, parte dello skyline di Teheran. Domani devo riuscire a farmi una foto qui con la mia moto prima di lasciare la città!
Sveglia presto, foto di rito sotto la Torre Milad, con tanto di intervista dei TG locali e comincio pian piano ad avvicinarmi al confine turkmeno. Direzione Babolsar.
Prevedo all’incirca 230 Km all’arrivo.
Entro in città quasi all’ora di pranzo, mi dirigo verso il mare cercando una strada tra i numerosissimi hotel che costeggiano le spiagge di Babolsar. Sembra quasi di essere in riviera romagnola se non fosse che in spiaggia, in acqua, tutti vestiti, donne da un lato e… uomini dall’altro!
Babolsar fu un florido porto commerciale e durante il regno di Nadir Shah, la base della flotta iraniana sul Mar Caspio.
Sosterò qui, in questa città scelta come tappa insieme a Bojnurd, domani, prima di entrare in Turkmenistan. Circa 800 Km costeggiando gli ultimi tratti del Mar Caspio ed attraversando il Golestan National Park.
Giornata di Ferragosto. Un pensiero, una riflessione, un brivido: centonovanta Km e sarò in Turkmenistan!
Risistemati io bagagli sulla moto riparto. Da Bojnurd alla frontiera Iran – Turkmenistan ci sono circa 140 Km, decido di partire presto, non conoscendo i tempi e le procedure doganali di questo, per me, nuovo paese, è meglio non rischiare.
Arrivato in frontiera, le faccende “iraniane” fortunatamente si risolvono abbastanza velocemente. Mi riconsegnano il passaporto e mi indirizzano al primo cancello. Saluto l’Iran, cinque metri e l’anteriore della 1290 entra in Turkmenistan: adrenalina!!
Le guardie turkmene sembrano abbastanza risolute ma, aimè, è solo un’impressione.
Parcheggia la moto, vai in banca per cambiare i dollari USA in valuta locale, controllo passaporto, paga il visto, circa CENTOTTANTAEURIII, rivai in un ufficio dove, molto cordialmente ti chiedono “se” hai cinque dollari… per la mancia e vabbè.
Insomma scorrono le ore, compila un modulo, timbrane un altro, ricontrolla qui ricontrolla li, sono un Turkmenistan. Lungo la strada incontro numerosi equipaggi partecipanti al Mongolia Rally, che figata, prima o poi… Scollinando da un suggestivo canyon, dall’alto vedo una gigantesca “macchia bianca” a dominare il nulla: è Ashgabat, la capitale turkmena.
Entro in città, pieno centro. L’impatto è da lasciare senza fiato. Tutto bianco!
Il marmo di Carrara ricopre le facciate di tutti gli edifici, tutto è dipinto di bianco, si percepisce una cura di tutta la città ed una perfezione ai limiti dell’assurdo e del maniacale. Ci sono donne in divisa munite di “mocio” ed acqua a pulire le strisce pedonali, bisogna aggiungere altro?
Giardini impeccabili, le auto? Tutte rigorosamente bianche, per legge!
Tutta questa perfezione, quest’ordine, non tardano a trasformare il loro fascino in una sorta oppressione. Passeggiando ti dicono che è vietato fotografare, vietato fumare in pubblico, internet limitata ed i social interdetti. Dalle 23.00 in poi scatta il coprifuoco. Questo è il prezzo da pagare per tutta questa “bellezza”? Sarà!
Dopo una doccia e la cena, decido di lasciare l’hotel per fare quattro passi e cercare una bella birra fresca.
La città mi accoglie ancora semideserta nel suo ordine maniacale. Trovo un pub chiedendo informazioni ad una ragazza del posto che, unitasi a noi per una birra, ci racconta un pò di questa stravagante Ashgabat. La serata trascorre piacevole e, dopo qualche birra, si ritorna in hotel.
Sveglia presto anche stamattina, è il 16 Agosto!
Punto dritto al tanto blasonato suk di Ashgabat. Dicono vendano dell’ottimo caviale e della buonissima vodka. Un invito a nozze praticamente!
Arrivo al mercato e, sorpreso, Ma neanche poi più di tanto, tutto si palesa nel solito, entusiasmante, sbalorditivo, affascinante ma, soprattutto asfissiante, ordine!
Dopo svariati “assaggi” di prodotti tipici, offerti dai venditori del posto, provo a scattare qualche foto. Come non detto. Poliziotti in borghese mi bloccano e mi chiedono di cancellare tutto. Procedo senza contraddirli, non si sa mai!
Insomma, fatte scorte di vodka, caviale e pane nero, utili alla serata che trascorrerò al campo tendato allestito a Darwaza, torno in hotel, risistemo la moto e riparto.
Da Ashgabat a Bukhara
Lasciato il mercato di Ashgabat, torno in hotel a recuperare la moto.
Riparto insieme ad Alessandro e consapevoli che la strada che ci porterà a Darwaza, circa 260 Km, sarà nel bel mezzo del nulla, facciamo scorte d’acqua e teniamo a portata di mano il fornello e la macchinetta del caffè che da ormai tanti viaggi è nostra fedele compagna.
Lasciare la capitale turkmena non è difficile vista la perfetta organizzazione delle strade e l’inesistenza del traffico automobilistico.
Imbocchiamo la A381, lunga ed unica strada che lascia la città e ad attirare la nostra attenzione è lo sfarzoso aeroporto di Ashgabat.
Alla nostra sinistra il nuovo aeroporto che è stato inaugurato il 17 settembre 2016 da parte del presidente del Turkmenistan è caratterizzato da un design del terminal molto insolito, un enorme uccello bianco ad ali spiegate!
Viaggiamo ad una media non superiore agli ottanta chilometri orari, inutile andar più forte.
Il caldo comincia a farsi sentire e come prevedibile, queste strade, questi luoghi, non offrono la possibilità di fermarsi ad un bar così, notiamo un piccolo edificio con un paio di vecchi ciclomotori parcheggiati e decidiamo di fare una sosta per godere di un filo d’ombra. Non ho idea di cosa possa esserci in quella piccola struttura.
Appena ci avviciniamo, si apre una porta dalla quale vengono fuori quattro persone, una sembra essere un militare. I tratti somatici ormai, cominciano ad essere marcatamente asiatici.
Io ed Ale cerchiamo di porci in modo amichevole, con i militari non si sa mai. Salutiamo a gesti, portandoci la mano sul cuore prima di porgerla in segno di saluto, il gesto è ricambiato.
Riusciamo a far capire di essere italiani ma, più che noi due però, ad attirare l’attenzione dei quattro, sono le nostre due moto, che vengono esaminate a fondo da occhi increduli.
Decidiamo così, per ricambiare la cortesia di quell’ombra offerta, di provvedere ad una piccola manutenzione dei mezzi dei nostri amici turkmeni. Fuori il WD40 ed il grasso spray per risistemare le catene dei loro vecchi mezzi! Pacche sulle spalle, qualche abbraccio e ci salutiamo.
Il GPS finalmente indica la posizione del sentiero sterrato attraverso il quale si raggiunge il tanto famoso cratere noto ormai come “Porta dell’Inferno“.
C’è ancora il sole a nascondere lo spettacolo di luce che si paleserà poco dopo il tramonto. Sistemo le mie cose nella tenda assegnatami nel campo attrezzato e mi avvio a piedi verso il cratere percorrendo poche decine di metri.
L’odore del gas comincia ad essere forte, aumenta anche il calore emanato da questa gigantesca “stufa” a cielo aperto. Certo, in tanti provano a spoetizzare questo posto, raccontandone la presunta banalità delle sue origini, intanto il sole cala ed il tramonto, già di suo, in questo deserto è fantastico.
Immaginate poi con l’arancio fuoco dell’enorme braciere che contribuisce ad illuminare il tutto. Sono in estasi, senza parole, uno spettacolo davanti.
Mi volto, cercando con lo sguardo la mia moto, la trovo e tra me e me penso “Gì, ma che figata stai facendo!?”.
Calato il sole, la cena ci attende. Agnello e pollo alla brace, verdure, riso. Ottimo! L’apoteosi però è il finale a base di pane nero, caviale e vodka, che avevamo comprato ad Ashgabat.
Il mio cuore avrà una notte memorabile in più da ricordare e raccontare. Vado a dormire felice.
Inesorabilmente la sveglia mattutina è all’alba, quando dormo in tenda è sempre così. Una veloce colazione e mi rimetto in viaggio, dirigendomi verso il confine tra Turkmenistan ed Uzbekistan.
Il passaggio in frontiera si rivela, come prevedibile, lento e noioso ma superiamo anche questo. Sono in Uzbekistan.
Per raggiungere Khiva bisogna costeggiare il confine con il Turkmenistan.
Khiva era la capitale carovaniera uzbeka, ricca di monumenti che ne testimoniano l’importanza strategica nei traffici commerciali sulle rotte della Via della Seta, ha un aspetto molto curato.
Pulita ed ordinata ad oggi è meta turistica decisamente importante, il suo centro storico è ormai un museo a cielo aperto nel quale è possibile visitare tutti i monumenti. Ora gli alberghi hanno il Wi-Fi, i ristoranti vendono boccali di birra e gli artigiani spediscono i loro prodotti di legno in tutti le parti del mondo, ma basta varcare le mura di fango che racchiudono la città vecchia per ritornare all’epoca in cui a governare c’erano emiri col turbante, così attaccati alle origini mongole da conservare nel cortile del palazzo la “yurta reale”.
Le colonne di legno intarsiato sono ancora al loro posto, come i vicoli sabbiosi, le cupole azzurre, le piastrelle smaltate. L’atmosfera da ultima frontiera, più forte che mai.
La giornata trascorre percorrendo in lungo ed in largo i bei vicoletti del centro storico ed acquistando qualche souvenir. Io ed Ale ne approfittiamo per bere un paio di birre, consumando delle squisite mandorle salate nei pressi della bella piazza che circonda la grande fontana. Alla sera ottima cena in un ristorante tipico e come ormai da tradizione tanta vodka!
Il mattino seguente, dopo un lungo trasferimento di circa 500 Km su una strada che attraversa il deserto di Kyzylkum, si arriva a Bukhara.
L’albergo, si trova nel quartiere ebraico, poco distante dal centro storico al quale si arriva sbucando direttamente nella piazza Lyabi-Hauz, il centro vitale della città.
La piazza è caratterizzata da una grande vasca usata in passato per l’approvvigionamento idrico ed è circondata da due belle scuole coraniche e da un edificio di Khanaka dove trovavano alloggio i Dervisci erranti.
Bukhara si mostra in maniera diversa da Khiva. Gli abitanti di non hanno ceduto la città ai turisti e continuano a viverla e questo la rende viva e dinamica. La piazza infatti, solitamente è piena di famiglie che passeggiano ed i turisti sono sempre ospiti ben accetti.
Tanti sono i monumenti da visitare, alcuni che risalgono al IX – X secolo, tutti realizzati con i mattoni di fango caratteristici della regione.
I giorni trascorrono intensi e ricchi di emozioni.
Il mio cavallo a motore domani mattina avrà da percorrere altri numerosi Km sulla via della seta…
Luigi
Viaggio in moto sulla Via della seta – Samarcanda in moto